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APOLOGIA DI EMILIO SALGARI/ LA FORMIBABILE CASSETTA DI EMILIO SALGARI
"PUNTO E A CAPO"
Racconto
Storico / Avventura / Western / Spionaggio
pubblicato il 2018-03-10 08:18:00
Emilio Salgari fu, prima di ogni considerazione, uno che visse come voleva vivere, uno che visse scrivendo e viaggiando nell’avventura senza la seccatura dei bagagli, un potente sciamano (riconosciuto solo da noi eterni ragazzi) che praticò l’esorcismo della morte attraverso la mitografia di una vita più vitale della vita.
Nominando e creando la leggendaria ferocia di Sandokan, la rapidità dei prahos d’assalto, il lusso aromatico della vegetazione malese, l’anarchica autosufficienza libertaria della parola “Mompracem!” scrisse della propria vita e di sé, mescolando la realtà e l’arte, e facendo vivere loro un’ unica esistenza, inestricabile, come le liane della crudele Sipo Matador nelle impenetrabili foreste giavanesi.
Chi altri può, in tutta onestà, oggigiorno, dire di fare altrettanto?
Dopo Pasolini, l’ultimo grande, chi è capace nel Bel(?)Paese d’incarnare nella propria vita la sua arte e il suo pensiero?
Non sto parlando dei politici, una triste banda di venditori di tappeti, aspirapolveri, pulci e acari d’ogni tipo, ma degli artisti, dei narratori, dei poeti, dei fumettari, degli uomini e delle donne del cinema, della danza, di un certo tipo di televisione e così via.
Dov’è un Salgari tra loro?
Salgari visse la pienezza di una vita artistica, ricolma, ribollente, tracimante direi, d’immaginazione, di metafore e di analogie, fuori dal comune: questo lo condannò in vita a subire le conseguenze del vizio capitale più diffuso in Italia: l’invidia piccolo borghese.
Gli adolescenti (i lettori che riconobbero in vita lo sciamano) scrivevano appassionate lettere a Emilio in cui dicevano:
“Il mio professore mi consiglia di non leggere i Suoi libri, perché dice che scaldano la testa”;
“I nostri padri e le nostre madri ci lasciano leggere poco i Suoi libri, perché dicono che eccitano i nervi”.
Tutti i mediocri, tutti quelli che avrebbero voluto amare conturbanti principesse malesi e correre su brigantini in fiamme all’assalto dei tiranni, ma cui mancò sempre il coraggio di sfilare mutandine e mulinare spadoni insorsero, in una gara di meschino livore, demolendo (o cercando di demolire) il mito salgariano entusiasticamente urlato dai loro figli.
Solerti professorini accademici, editori bottegai e truffaldini, piccoli borghesi incarogniti offrirono uno spettacolo pietoso; di iene intorno a una nobile e fiera carcassa autosventrata: scrissero che Salgari era puerile rispetto a Verne, il palloso - per quanto visionario - pedagogo della scienza, uno scribacchino superficiale e provinciale!
Provinciale Salgari! Conosciuto anche dalle ragazze e dai ragazzi di tutta Europa e di mezzo mondo!
E così, mentre Salgari veniva derubato dei proventi delle sue immani fatiche editoriali, cominciò quella oscena damnatio memoriae, quella congiura della mediocrità quasi generale per ridurlo a “scrittore ludico per l’infanzia”.
Ma dietro a quella cospirazione compiuta da miserabili snob dell’incapacità creativa, c’è qualcosa di più e di peggio, rispetto al solito trucchetto delle tre carte operato da cattedratici, bottegai e santoni del pensiero unico.
Questo qualcosa d’orribile è un’invidia feroce e rovente: l’invidia degli omuncoli tediosi e delle donnucole tristanzuole, tutti mediocri condannati a relazioni affettive ed erotiche squallide e proterve, a vite servili e grigie, a un’esistenza in bilico tra la genuflessione per la pagnotta e la rabbia per la propria immagine, restituita implacabilmente dallo specchio.
Come avrebbero potuto non odiare Salgari, uomo libero fino alla sfrontatezza, protagonista della propria vita e dei propri eccessi, come avrebbero potuto comprenderlo in fondo questi omogeneizzati del conformismo, questi forzati del consumismo, costretti, per mantenersi lauti stipendi e onori accademici a riscrivere la storia della letteratura ad uso e consumo dei propri sponsor e delle proprie lerce bancarelle?
E, infatti, nonostante che Salgari sia stato un grandissimo scrittore e abbia influenzato direttamente tutta la narrativa fantastica italiana successiva (Landolfi, Manganelli, D’Arrigo, Bufalino, Arpino, Buzzati), sulle antologie egli compare come una macchietta, un pellegrino prima veneto e poi torinese che bambineggiava vestito da pirata, come una specie di pantomima da compatire all'Asilo Nido.
In questo trasformare l’eroismo (Salgari fu un ardito in ogni fibra del suo essere) in prosopopea retorica e la potenza dell’immaginazione in patologia mentale, c’è anche e soprattutto l’odio del mediocre per il gigante, del perdente per il creatore di possenti metafore e sublimi analogie immaginative, dello schiavo per l’uomo libero.
Così, dietro la riduzione di Salgari a bamboccio, non c’è solo miseria critica e intellettuale, ma anche e soprattutto, miseria umana.
E allora, prendo in mano il mio berretto, tiro per la mia strada salgariana, e come quelle migliaia di ragazze e ragazzi il giorno del suo funerale, lo tiro in aria lanciando il nostro grido di battaglia:
“Evviva il Capitano Salgari!”:
LA FORMIBABILE CASSETTA DI
EMILIO SALGARI
“Se mi dovesse succedere qualcosa, o il fuoco o l’inondazione, salvate quella cassetta. Là c’è la mia ricchezza.”
Emilio Salgari al figlio Omar.
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L'AUTORE Mauro Banfi il Moscone
Utente registrato dal 2017-11-01
Visual storyteller, narratore e pensatore per immagini. Mi occupo di comunicazione tramite le immagini: con queste tecniche promuovo organizzazioni, brand, prodotti, persone, idee, movimenti. Offro consulenza e progettazione del racconto visivo per privati, aziende e multinazionali. Per contatti: zuzzurro.zuzzu@gmail.com
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Pietà per l'eroe
In memoria eterna di Emilio Salgari, (Verona, 21 agosto 1862 – Torino, 25 aprile 1911)
Grandissimo, Rubrus: un commento ricchissimo che potrebbe aprirsi a una conversazione con quattro temi simultanei. Non avendo superpoteri mi concentro sul terribile tema del \" \"Se piace a tanti, è una schifezza\". Uno ma basta e avanza, ci sarebbe da tirare notte a parlarne, cerco la sintesi, per il mio e il tuo bene, caro amico. Questa in Italia è una questione cruciale. Tante espressioni artistiche che nel mondo anglosassone eccellono, qua da noi languono per demerito di quel brutto male che definisco \"nichilismo provinciale italico\". Chiamo sul banco dei testimoni il buon Luciano Ligabue, del quale sono ammiratore da anni, non tanto per la sua carriera artistica fatta di alti e bassi - talvolta sconcertanti, sopratutto quel reiterarsi delle stesse ripetute stutture armoniche nella canzoni, gli stessi riff, gli stessi assoli, gli stessi giri d\'accordi - quanto per la sua energia positiva e la notevole lucidità mentale e per quella visione antinichilista e antipessimista che condivido nell\'intimo della fibra, e non ultimo per l\'avermi fatto scoprire lo stupefacente e pirotecnico Tom Robbins. Il Liga è uno che il nichilismo di provincia l\'ha vissuto a fondo, ecco che cosa dichiara in un\'intervista: \"Perché la cosa che più funziona del rock è dire: \"Scusate ragazzi, fa tutto cagare\". Se io vado su un palco e dico: \"Volevo dire una cosa, fa tutto cagare\", l\'applauso è garantito. Quel nichilismo lì è un po\' troppo fine a se stesso, perché è facile anche pensare che fa tutto cagare. Ci sono dei giorni che lo penso. Non è molto utile però per come vedo io le cose. Quindi non voglio indorare a nessuno la pillola, io dico: \"Ragazzi, è dura\". Però parliamo di un po\' di speranza, parliamo di come possiamo rimboccarci le maniche, e questo passa attraverso un lavoro individuale, dove ognuno riesce a migliorare se stesso. E migliorando se stesso, attraverso il confronto con gli altri, qualcosa nasce.\" Tra l\'altro nessuno come il Liga ha provato sulla sua pelle l\'anatema del \"Se piace a tanti è una schifezza\". Quando raggiunde il grande successo popolare con \"Buon compleanno, Elvis\" passai notti intere a discutere con amici sul fatto che era diventato una pop star e non più il narratore di certe storie di provincia dei primi album - e sinceramente, è il Liga musicista che preferisco, sia per le storie che per un maggiore coraggio nell\'invenzione musicale -. Diventare pop è qualcosa che gli invidiosi di professione non ti perdonani, i provinciali italioti di campagna o di città. E qua, come hai detto mirabilmente, dovremmo fare un excursus storico che ci porterebbe davvero troppo lontano. La mia sintesi è questo: l\'italiano, dopo i romani antichi, è sempre stato un suddito e mai un cittadino attivo, e il suddito ha il vizio congenito del risentimento, del rancore e del nichilismo vendicativo. Butta caso sono i vizi umani che vanno per la maggiore nel social web, ma guarda te! Tutto ciò che è nello stesso tempo popolare e di qualità deve essere scaraventato nel cesso affinchè il piccolo ego nichilista di provincia non si senta troppo in ombra, poveretto. Comunque i grandi con una scrollata di spalle si liberano rapidamente dalla mediocrità, e se ne fregano di fare arte e gioia col comodo e ignorante \" tutto fa cagare\". Salgari, un giorno, osservando una cartina del Borneo, posò il dito sopra un puntolino chiamato Mompracem, forse non per altro che per la musicalità di quel nome; da quel puntolino radioattivo tirò fuori un\'epopea fantastica e avventuroso che ci scalderà in eterno. Questo resta, in eterno: tutto il resto è nichilismo di provincia. Abbi gioia
Mi soffermerei pochissimi minuti su un tema poco trattato rispetto alla sua importanza: il rapporto tra mercato, tecnologia e narrativa. Come non sarebbe stata così come si è verificata la riforma protestante senza l\'invenzione della stampa - se per una Bibbia occorrono cento pecore e per avere la possibiità dell\'adesione alla Riforma io devo leggere la Bibbia, allora la quantità di pecore e la riforma protestante sarebbero state interconnesse strettamente - così gli strumenti tecnologici e il mercato sono strettamente connessi. Secondo me, la quantità di narrativa a basso costo (grazie alla tecnologia e agli investimenti imprenditoriali) ha inciso molto, e in modi diversi a seconda dei luoghi, sulla narrativa dell\'ottocento e novecento. Adesso siamo ancora oltre. Le tecnologie digitali hanno quasi annullato la differenza tra il manifestare il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione, e il vendere, cioè diffondere il prodotto del proprio ingegno per trarne un\'utilità economica. Male che vada oggi c\'è l\'autopubblicazione e la narrativa sul web. Molti editori vendono in realtà non il bene - libro diretto al pubblico, ma la gratificazione dell\'autore di vedere pubblicato il proprio pensiero su un supporto fisico che ha l\'aspetto di un libro. E\' la cosiddetta editoria a pagamento. Insomma oggi c\'è una enorme sproporzione tra offerta di scritti e domanda di scritti. Questo azzeramento dei costi ha prodotto (ed è un po\' un meccanismo tipico dell\'economia contemporanea) la scomparsa dell\'intermediario - prima l\'editor o l\'agente letterario e poi l\'editore - e la concentrazione del prodotto in pochi punti di aggregazione. Per la massa, senza che forse ce se ne accorga, è rilevante solo quel che passa, in tanti modi, attraverso le maglie di pochi intermediari ben strutturati - esattamente l\'opposto dello slogan cui era nato il web: tutti possono dire la loro: vero, ma alla fine uno vale uno e tutti gli altri sono nessuno e se non sei quell\'uno sei fregato. Questa un po\' la tendenza, non solo nella narrativa, verso cui mi pare si vada. Tornando però alla narrativa è anche vero nessuna offerta può reggere a lungo senza domanda. Chi pubblica, gli piaccia ammetterlo o no, ambisce ad una certa rilevanza. Se non ce l\'ha presto o tardi smette (a meno che non sia un individuo un po\' derealizzato, diciamo così). E questo porterebbe a parlare del progressivo decadimento di tutti i siti letterari (ho leggiucchiato che un altro sarebbe in fase di chiusura). Non sto a dire se sia bene o male, ma avevo detto che avrei impiegato pochissimi minuti e quindi la smetto.
Bello questo modo che hai di attualizzare uno scrittore facendone rivivere nei tuoi racconti momenti di vita.
Io ho sempre considerto abbastanza cretina l'idea che 'se qualcosa è commerciale (termine che piaceva ai miei tempi) automaticamente -e sostanzialmente per questo- non è qualcosa di valido'. Persone intelligenti, e di reale cultura, non usano certo questo metro per giudicare un'opera.
Ciao
Grazie per la presenza, Eli. Hai detto bene: tutto dipende dal metro con cui uno valuta quello di cui fruisce. Nella mia vita ho sempre fuggito come la peste bubbonica quelli che usano il criterio\"tutto fa cagare\", non perchè li scanso come persone ma perchè mi fanno perdere tempo e per me l\'impiegare bene il tempo è tutto. Il mio metro è quello della dinamica massimalismo e minimalismo che ho studiato e imparato nelle opere del grande Michele Mari e che ho desunto dalla cultura classica: \"Alla feroce alternativa non si scappa: essendo morta la grande letteratura, essendo morte, pare, anche le grandi cose, al povero scrittore si danno oggi solo due vie: o abdicare alla letteratura per essere tutto cose (possibilmente piccole, contaminate, insensate), o a quella stessa letteratura ostinatamente abbarbicarsi con il risultato di essere falso (o patetico come un soldato giapponese rimasto a difendere il suo atollo dopo il 1945.\" Così scrive in modo illuminante Mari nel suo saggio sul minimalismo presente nel fondamentale \"I demoni e la pasta sfioglia\", una vera bussola per l\'anima. E ancora: \"Da questo punto di vista il minimalismo, inteso correttamente come mimesi di una realtà minima o conoscibile attraverso esperienze minime, è una scorciatoia: e lo è proprio perché evita il conflitto. Rassegnandosi e accontentandosi, il minimalista abdica; ma i personaggi della tragedia classica non abdicavano: si trafiggevano sulla loro spada. E trafiggersi sulla propria spada, per uno scrittore, significa subirsi fino in fondo.\" Ecco quello che conta, che fa la differenza non è tanto il vendere o meno, l\'andare nei salotti televivi buoni o meno, il presentarsi a prendere premi farlocchi istituiti da case editrici colluse con i peggiori criminali: quello che è massimale è l\'autenticità di uno scrittore, quel suo SUBIRSI IN FONDO. Se vai allo \"Scoglio\" a Torino, dove centinaia di ammiratori di Salgari si ritrovano, nella boscaglia, nel luogo dove ha fatto harakiri, lo puoi sentire nell\'organismo questo subirti fino in fondo; l\'ho avvertito anche nella Villa delle Ginestre di Leopardi, con alle spalle il Vesuvio e davanti il golfo di Capri.
A Torino ho lanciato in aria un cappello da marinaio in aria, urlando "Evviva il Capitano" e a Napoli ho sorriso nel cuore per il grande "ranavuottolo", respirando forte il profumo delle gentili ginestre.
Abbi gioia
Certo, ognuno deve cercare la sua strada. Però ti confesso che mi fa molta tristezza sapere di tutti quei suicidi (a parte il suo, sembra che sia stata una sorta di condanna di famiglia).
Resto sempre stupita dalla passione con cui ti lanci nelle tue apologia, Mauro. Io, a dir la verità, non sapevo nulla dell'opera di discredito cui, a quanto dici, Salgari è stato condannato dai suoi contemporanei. Lo conosco come l'autore che hanno letto e amato tre generezioni, per la verità tutte maschili: mio padre, mio marito e mio figlio. Ne ho sempre sentito parlare con entusiasmo e ammirazione, tuttavia i suoi romanzi d'avventura mi sembrano effettivamente adatti a lettori giovani e credo non ci sia nulla di male. Il fatto che i suoi romanzi abbiano ispirato molti scriitori gli rende onore, ma credo appartenga comunque a quel tipo di letteratura che si ama, appunto, durante l'adolescenza e la prima giovinezza, età in cui si è più inclini all'entusiasmo e all'immaginazione. Diventando adulti, si ricorda e si rielabora. Ho letto recentemente, anche grazie al fatto che tu lo hai citato spesso, alcune opere narrative di Michele Mari, che conoscevo solo come poeta: ho trovato straordinari sia i racconti d'ispirazione autobiografica che il romanzo Roderick Duddle, proprio perché in essi la materia del romanzo d'avventura viene rielaborata, rimescolata e trattata con l'ingrediente imprescindibile dell'ironia.
\"22 aprile 1911 Miei cari figli, Sono ormai un vinto. La pazzia di vostra madre mi ha spezzato il cuore e tutte le energie. Io spero che i milioni di miei ammiratori, che per tanti anni ho divertiti e istruiti, provvederanno a voi. Non vi lascio che 150 lire, piú un credito di 600 lire che incasserete dalla signora Nusshaumer. Vi accludo qui il suo indirizzo. Fatemi seppellire per carità essendo completamente rovinato. Mantenetevi buoni e onesti e pensate appena potrete ad aiutare vostra madre. Vi bacia tutti, col cuore sanguinante, il vostro disgraziato padre Emilio Salgari Vado a morire nella Valle San Martino, presso il luogo ove, quando abitavamo in via Guastalla, andavamo a fare colazione. Si troverà il mio cadavere in uno dei burroncelli che voi conoscete, perché andavamo a raccogliere i fiori.\"
Grazie per il gradito passaggio, Roberta. Queste sopra sono le ultime parole scritte in vita da Emilio Salgari, tragiche quanto toccanti, e penso possano rispondere ad ogni tuo quesito più di decine di saggi su di lui che potrei consigliarti in bibliografia. Salgari era popolarissimo non solo in Italia, ma in tutta Europa. I suoi guadagmi erano molto bassi, sufficenti per una persona sola ma non per chi voleva una famiglia numerosa come lui. L\'avventura è una categoria dell\'anima come l\'amore, il tempo, l\'odio, la vendetta ecc ecc Salgari è un grande esploratore dell\'avventura fantastica per persone di ogni età. In Italia ha sempre prevalso il realismo \" liberal cattocomunista\" con i suoi sensi di colpa e i suoi \"siamo nati per soffrire\". Emilio non era nato per sopravvivere straccamente ma per VIVERE. Di Michele Mari ti suggerisco il romanzo \"Verderame\", la raccolta di racconti \"Fantasmagonia\", e l\'imperdibile raccolta di saggi \"I demoni e la pasta sfoglia\". A me queste letture hanno cambiato e reso più profonda la visione delle cose narrative. Non voglio influenzare nessuno, ovviamente, comunque il divertimento intelligente è assicurato. Abbi gioia