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Quando si svegliò, il dinosauro era ancora lì...
"PUNTO E A CAPO"
Racconto
Horror / Mistery / Pulp
pubblicato il 2018-02-15 09:14:07
Intorno a lui un gradevole e fortissimo odore di legno umido nell’aria…si stava risvegliando.
Qualcosa respirava vicino, nascosto tra le sequoie giganti.
Lo vide alzarsi: una mostruosa testa lunga almeno un metro e mezzo, munita di una serie impressionante di denti aguzzi, laceranti.
Gli arti anteriori erano quasi dei moncherini atrofizzati e il ventre invece era enorme (per inghiottire grosse porzioni di carne recise di netto dalla sua chiostra di zanne), supportato da due zampe posteriori lunghe e potenti, alte almeno tre metri e mezzo.
Passo dopo passo iniziò a inseguirlo, e lui per forza di cose cominciò a correre.
Era inseguito da qualcosa che aveva le dimensioni di un elefante, la ferocia di una tigre e la dentatura di uno squalo bianco!
Non era molto sportivo quell’evento, non aveva fatto nemmeno colazione e appena sveglio si ritrovava già in un film di Spielberg!
Stava per essere acciuffato e divorato, quando trovò la solita provvidenziale cascata in cui si tuffò.
Piombò nel laghetto circostante, lottò con le rapide (come da copione), stava per annegare ma essendo un eroe riuscì a trascinarsi sulla riva.
Sdraiato nell’erba, rifletteva sull’accaduto, lentamente cominciava a ricordare qualcosa.
In lontananza il dinosauro ringhiava la frustrazione d’aver perso, per il momento, il suo pasto.
I casi erano due: quando si era svegliato, il tirannosauro che aveva cercato di ignorare addormentandosi, era ancora lì; oppure, quando si era svegliato, il grande sauro che aveva sognato nel sonno era ancora lì.
Colse un frutto saporito da una pianta vicina, e dopo averlo mangiato le memorie divennero più nitide.
Stava conversando con degli amici sul rapporto dell’uomo col Tempo.
Aveva scritto un post sul suo sito letterario preferito, "Parole Intorno al Falò": il pezzo s’intitolava “Attimo immenso”.
Nel testo esponeva la tesi che un vero Attimo felice non si definisce in rapporto col passato o col futuro, ma passato e futuro devono acquistare fisionomia e senso in rapporto all’Attimo presente.
Nel corso dell’esistenza il nostro passato instaura una pesante autorità nei nostri confronti, e l’impotenza verso il macigno di quel passato ci spinge a vendicarcene ricercando un colpevole e un responsabile per la nostra incapacità a modificarlo e rimuoverlo.
L'esempio ormai classico? Quei frustrati che si mascherano con un avatar per distruggere tutto il santo giorno i contenuti di valore di chi invece vuole costruire qualcosa di buono.
Era seguita un’avvincente conversazione con gli utenti del litblog.
Verso sera era stato abbordato via mail da un venditore anonimo di nuove droghe sintetiche on line.
“Caro Mauro Moscone, hai posto davvero una bella questione: come rovesciare il peso del così fu?
Ti consiglio la mia pastiglia COSI’ VOGLIO CHE SIA, la vendo a sole cento euro.
La risposta all’impotenza verso il nostro passato sta nel cogliere l’Attimo Immenso.
Ogni attimo del divenire deve essere giustificato in sé e non perché tende verso un altro attimo passato o futuro.
Quest’alienazione è la causa della somma infelicità umana.
Nulla sussiste isolatamente: acconsentire a un Attimo Immenso non vuol dire di sì solo a noi stessi ma a tutta la vita, totale.
In questo modo il nostro presente diventa praticamente il passato e il futuro simultaneamente.
Il rapporto di reciproca determinazione tra passato e futuro è reso possibile solo dall’Attimo Immenso inteso come decisione, come sguardo rapinoso, come taglio che discrimina e agisce.
Scegli il mio prodotto e sarai nel COSI’ VOGLIO CHE SIA e non ti sentirai più impotente e risentito”.
Imbrogliato dalla sua curiosità, acquistò la pastiglia (colorata con uno strano pigmento rosa viola cangiante e fluido) e si addormentò…
- disegno del maestro Sergio Toppi -
Intorno a lui un gradevole e fortissimo odore di legno umido nell’aria…si stava risvegliando.
Qualcosa respirava vicino a lui, nascosto tra le sequoie giganti.
Lo vide alzarsi: una mostruosa testa lunga almeno un metro e mezzo, munita di una serie impressionante di denti aguzzi, laceranti.
Gli arti anteriori erano quasi dei moncherini atrofizzati e il ventre invece era enorme (per inghiottire grosse porzioni di carne recise di netto dalla sua chiostra di zanne), supportato da due zampe posteriori lunghe e potenti, alte almeno tre metri e mezzo.
Passo dopo passo cominciò a inseguirlo, e lui cominciò a correre.
Era inseguito da qualcosa che aveva le dimensioni di un elefante, la ferocia di una tigre e la dentatura di uno squalo bianco!
Non era molto sportivo quell’evento, non aveva fatto nemmeno colazione e appena sveglio si ritrovava già in un film di Spielberg!
Stava per essere acciuffato e divorato, quando…
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L'AUTORE Mauro Banfi il Moscone
Utente registrato dal 2017-11-01
Visual storyteller, narratore e pensatore per immagini. Mi occupo di comunicazione tramite le immagini: con queste tecniche promuovo organizzazioni, brand, prodotti, persone, idee, movimenti. Offro consulenza e progettazione del racconto visivo per privati, aziende e multinazionali. Per contatti: zuzzurro.zuzzu@gmail.com
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Un racconto tanto breve quanto particolare coadiuvato dalla presenza di un bel comparto visivo, in un eterno ritorno dei mostri che ci perseguitano; e forse così, proprio a causa dei mostri che ci inseguono, la vita diviene un'affannosa tensione verso l'attimo futuro e mai un pieno godimento dell'attimo presente. Chissà...
Ciao, Mosco!
Ciao, Peppe, come sempre direi che hai centrato il punto.
Anni fa - ma quell'esperienza è come se fosse accaduta cinque minuti fa - riuscii, non senza sacrifici e sofferenze difficilmente narrabili, a raggiungere, in Engadina, sulla sponda del lago di Silvaplana, nella località di Surlej, la roccia a forma di Piramide dove Nietzsche venne visitato dall'intuizione dell'eterno ritorno, che come è noto si basa sulla decisione di cogliere l'attimo per stabilire un rapporto di determinazione sul passato e sul futuro.
Estasiato dalle immagini del vicino Museo Segantini e reso gioioso dal ritrovamento, agognato per anni, della roccia a forma di piramide, rilessi il capitolo "La visione e l'enigma" della terza parte dello Zarathustra.
Poi rimirai tutto lo splendore naturale intorno a me e compresi in quell'istante che solo in questo consiste l'unica possibile struttura stabile che fonda la proteiforme fluidità in eterno divenire della vita: cogliere, godere, possedere personalmente e pienamente l'Attimo!
Tutto il resto è decadenza, menzogna più o meno artistica e peggio ancora, storia, politica, società.
Poi pensai, ridendo tra me stesso: "Ma tutto questo non potevo pensarlo anche nella mia cameretta-studio laggiù a casa mia, nella bassa padana? E' stato davvero necessario tutto questo sbattimento per pensare questo pensiero?"
Quell'autoironia mi salvò dall'infatuazione per Nietzsche, e con la lettura del "Dopo Nietzsche" di Giorgio Colli diventai, per mia fortuna, un postnicciano o meglio ancora qualcosa di più vicino a me stesso.
Perchè, come ci ha insegnato il buon Goethe col Faust, rendere LETTERALE E MATERIALE l'Attimo immenso è qualcosa di molto ma molto pericoloso, e non va mai dimenticato.
L'Attimo immenso è pura contemplazione conoscitiva e non necessita di "aiutini" chimici o altre stampelle o girelli psicochimico ortopedici.
Ma quell'azione, quello strappo dalla società consumistica e il suo assurdo tempo lineare era necessario, fatale e tutto quel dolore per essere lì non mi ha ucciso ma mi ha reso più forte.
L'Attimo immenso non è un semplice e banale punto sulla linea che dal passato conduce al futuro, il quale acquisti la sua fisionomia solo in rapporto a altri punti e che di per sè non abbia consistenza.
Se si vuole diventare buoni amici di se stessi bisogna arrivare a disporre del proprio tempo e non diventare schiavi di altri "PUNTI" esterni di quel tempo lineare.
Nell'Attimo immenso autentico, tuo, il passato e il futuro diventano attuali, rispettivamente, non secondo le sequenze di un codice mnemonico imposto dalla storia della tua società o secondo il protocollo e le fasi di un progetto imposto da altre volontà ma nell'immediata evidenza di un ORIZZONTE presente e infinito.
Quella roccia a forma di piramide era quella che Mauro Banfi vedeva ed era, è e sarà soltanto mia.
E prima di tornare all'albergo quella roccia parlò e disse:
"Non vegetare! Mai! Afferma la tua differenza dialogando e imparando da altre differenze e sopratutto fai la differenza!".
Abbi gioia
Mah, più che un Attimo Immenso, qui mi pare che il personaggio sia caduto in una circolare coazione a ripetere dell'attimo, molto adatta all'incubo, anche psichedelico.
ciao Mauro
I miei sentiti complimenti, Eli: il commento scannerizza, con sublime sintesi, il racconto in profondità, completamente. Nella mia vita ho incontrato molte persone, fottute da vari consumismi materiali o ideologici, che pensavano che per essere felici fosse necessario essere LIBERE DA qualcosa o qualcuno mediante quelche medium materialotto... Invece il percorso verso la gioia è tutt\'altro: bisogna liberarsi dall\'ossessione della libertà coatta dalle catene per essere veramente LIBERI DI...vale a dire, come insegna la cultura classica, bisogna imparare a impiegare le nostre pulsioni e non a castrarle o a devitalizzarle o peggio ancora a distruggerle con la violenza del caos disorganizzato. La grande potenza (il dinosauro) si rivela nel più grande AUTOCONTROLLO su se stessi. L\'essere umano che sa conquistare se stesso è avanti anni luce rispetto agli uomini dinosauro che conquistano gli altri. Chi comprende questo ha la via spianata verso la gioia: abbine tanta, carissima.