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"VIRGOLETTE" Saggistica Articolo critico (generico)
pubblicato il 2020-06-21 13:08:36
Pasolini, l'ultimo dei titani della nostra letteratura, prima che che gli scribi ambissero solamente a comparire con gli alti coturni e i mascheroni di cerone del commediante nei salotti televisivi, a contornare spot pubblicitari di emetici o di dispostivi per contenere la fuoriuscita dell'urina; Pasolini come Prometeo, figlio di Giapeto, a sua volta figlio di Urano e Gea, Titano che come dice il suo nome sa ragionare astutamente con anticipo, colui che sa vedere innanzi (pro-mètis, ossia «intelligenza astuta preventiva»), Pasolini che ruba il fuoco agli dèi della società dei consumi per liberare quello che resta dell'umanità nell'essere umano.
Pasolini, l'ultimo dei grandi e dieci sue rivelazioni tra virgolette, commentate dal Moscone, uno dei suoi tanti anonimi, alienati, ammiratori.
Pasolini dopo la pandemia sempre più neorealista, polemico, ibrido nella sua miscela di italiano e dialettalismi, necessario.
1) "Il meno peggio ha fatto capire quanto il meglio sia diverso".
Questo era quello che pensava Pasolini, nel 1963, dell'operato del centrosinistra allora in Parlamento.
Il dodici marzo di questo enigmatico e terribile VentiVenti il panico della pandemia s'impadroniva di noi, l'abbiamo già dimenticato?
Ma più che panico, a mio avviso, era la Speranza che stava riflettendo a una nuova tregua tra il violento essere umano e l'armonica Natura.
Ciminiere spente, autostrade vuote, transatlantici fermi e lontani da Venezia, animali che ritornavano dalle poche selve rimaste, persone che finalmente guardavano alberi e biodiversità con uno sguardo nuovo, libertà di sognare un domani ecosostenibile diverso.
E nel mio parco del Ticino sono tornati i tuffetti dopo dieci anni che erano scomparsi!
Nonostante la tragedia in atto, quanta gioventù, quanta bella energia rivoluzionaria erano contenute in quella visione, nella diversità di quel meglio! E così, quando il cielo si è nuovamente richiuso, portandosi dietro il solito conformismo e la solita omologazione al consumismo sfrenato, con i soliti mercati di animali macellati senza pietà e senza igiene, è calato un grigio sipario su tutto, l’angoscia del futuro ha rifatto il nido in me e solo i nidi dei rondoni e dei tuffetti e degli aironi rossi riportano la gioia nel mio cuore cupo e mortificato. Sentivo che la memoria di quell’ammonimento irripetibile rischiava di esaurirsi in miliardi di pollici azzurri - i futili cinguettii omologati e i like dei puffi senza pensiero e azione - e cadere nel vuoto senza diventare azione, per totale latitanza della politica. Ci stavano spingendo di nuovo in un obbediente letargo, per farci diventare delle ombre, per seppellire la libertà responsabile delle nostre parole e dei nostri ragionamenti dietro una fottuta mascherina di silicio.
E il meno peggio ancora un'altra volta non ha fatto capire a nessuno quanto il meglio sia diverso.
2) "Prima tragedia: una educazione comune, obbligatoria e sbagliata che ci spinge tutti dentro l’arena dell’avere tutto a tutti i costi. In questa arena siamo spinti come una strana e cupa armata in cui qualcuno ha i cannoni e qualcuno ha le spranghe. Allora una prima divisione, classica, è «stare con i deboli». Ma io dico che, in un certo senso tutti sono i deboli, perché tutti sono vittime. E tutti sono i colpevoli, perché tutti sono pronti al gioco del massacro. Pur di avere. L’educazione ricevuta è stata: avere, possedere, distruggere."
Dall'ultima intervista di Pier Paolo Pasolini a Furio Colombo.
Pasolini come Kubrick e Tarantino, con diversi mezzi espressivi, esplorano il tema della violenza, prioritario nelle nostre società iperconsumiste: per Quentin la violenza è insita nella natura dell'uomo, e tutto quello che temi accadrà puntualmente, la pistola o la katana intravista nell'incipit del film regolarmente spareranno o amputeranno nel corso della proiezione; per Stanley la violenza è innanzitutto paura della costrizione psichica e viene dall'anima, viene veicolata dalle parole, come se fosse un racconto, ma senza mai quasi esistere nella realtà.
Per Pasolini la violenza è il Potere come sistema di educazione.
3) "Il potere è un sistema di educazione che ci divide in soggiogati e soggiogatori. Ma attento. Uno stesso sistema educativo che ci forma tutti, dalle cosiddette classi dirigenti, giù fino ai poveri. Ecco perché tutti vogliono le stesse cose e si comportano nello stesso modo. Se ho tra le mani un consiglio di amministrazione o una manovra di Borsa uso quella. Altrimenti una spranga. E quando uso una spranga faccio la mia violenza per ottenere ciò che voglio. Perché lo voglio? Perché mi hanno detto che è una virtù volerlo. Io esercito il mio diritto-virtù. Sono assassino e sono buono."
Questo sistema di educazione per funzionare ha bisogno del conformismo e dell'omologazione della gente, usando gli strumenti micidiali dei consumi, dei mass media e delle distrazioni di massa.
4) "Come polli d'allevamento, gli italiani hanno subito assorbito la nuova ideologia irreligiosa e anti-sentimentale del potere: tale è la forza di attrazione e convinzione della nuova qualità di vita che il potere promette, e tale è, insieme, la forza degli strumenti di comunicazione (specie la televisione) di cui il potere dispone. Come polli d'allevamento, gli italiani hanno indi accettato la nuova sacralità, non nominata, della merce e del suo consumo."
5) "La televisione è un medium di massa e il medium di massa non può che mercificarci e alienarci".
Oggi la televisione sta per essere rimpiazziata dai Social e dal web, il suo destino - come quello del cinema - è già segnato.
Google, Facebook e Amazon e altre realtà virtuali simili si arricchiscono a dismisura con il lavoro e i dati delle identità non retribuite di miliardi di utenti, che s'arrabbattano e sudano indefessi e militanti per gonfiare i loro conti correnti, e si autoeducano da soli nel credere che tutto questo schiavismo invisibile è cosa giusta e bella.
Come in un film di Kubrick, che alla lunga potrebbe diventare un film di Tarantino?
6) "La morte non è
nel non poter comunicare
ma nel non poter più essere compresi."
Miliardi di pollici azzurri fanno "Like"! Miliardi di cinguetii azzurri fanno " frasettina!" per miliardi che vanno nelle tasche di chi?
L'importante è che i servi utili e gratuiti continuino a lavorare senza retribuzione e a comunicare fintamente tra loro senza dialogare davvero, senza scendere nel profondo della comprensione delle cose che li circondano, delle persone che respirano e soffrono intorno a loro.
7) “E’ dannata alla solitudine la vita cha mi hai dato”
recita così una delle poesie più struggenti di PPP dedicata alla madre Susanna Colussi.
Solo nella solitudine sembra esserci la liberazione dall'educazione di quel Potere, di quella violenza, di quella ansia da consumo... forse solo un'illusione, un sollievo ma almeno un contromovimento, un antidoto, un rimedio all'omologazione, all'assurdità kafkiana del lavoro virtuale coatto...
8) "L'ansia del consumo è un'ansia di obbedienza a un ordine non pronunciato. Ognuno in Italia sente l'ansia, degradante, di essere uguale agli altri nel consumare, nell'essere felice, nell'essere libero: perché questo è l'ordine che egli ha inconsciamente ricevuto, a cui «deve» obbedire, a patto di sentirsi diverso. Mai la diversità è stata una colpa così spaventosa come in questo periodo di tolleranza."
Solitudine e "disperata vitalità", rifutare in ogni modo il conformismo e l'omologazione a trecentosessantagradi che ci ottundono e ci violentano ogni giorno, ecco almeno la vitale quanto disperata controtendenza:
9) "sono come un gatto bruciato vivo,
pestato dal copertone di un autotreno,
impiccato da ragazzi a un fico,
ma ancora almeno con sei
delle sue sette vite,
come un serpe ridotto a poltiglia di sangue
un’anguilla mezza mangiata
le guance cave sotto gli occhi abbattuti,
i capelli orrendamente diradati sul cranio
le braccia dimagrite come quelle di un bambino
un gatto che non crepa, Belmondo
che «al volante della sua Alfa Romeo»
nella logica del montaggio narcisistico
si stacca dal tempo, e v’inserisce
Se stesso:
in immagini che nulla hanno a che fare
con la noia delle ore in fila…
col lento risplendere a morte del pomeriggio…
La morte non è
nel non poter comunicare
ma nel non poter più essere compresi."
Ed è forse solo comprendendo l'orrore del sistema educativo e del Potere nel quale siamo immersi e costretti, e che siamo ancora tutti in pericolo sotto il suo iniquo e criminale regime, che potremo un giorno far tornare le lucciole.
10) "Nei primi anni sessanta, a causa dell’inquinamento dell’aria, e, soprattutto, in campagna, a causa dell’inquinamento dell’acqua (gli azzurri fiumi e le rogge trasparenti) sono cominciate a scomparire le lucciole".
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L'AUTORE Mauro Banfi il Moscone
Utente registrato dal 2017-11-01
Visual storyteller, narratore e pensatore per immagini. Mi occupo di comunicazione tramite le immagini: con queste tecniche promuovo organizzazioni, brand, prodotti, persone, idee, movimenti. Offro consulenza e progettazione del racconto visivo per privati, aziende e multinazionali. Per contatti: zuzzurro.zuzzu@gmail.com
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